GLI ANGOLI DI PIAZZA VERDILa democrazia in Piazza Verdi Forse è proprio a causa del tradizionale e rumoroso aperitivo consumato in piedi o seduti nel mezzo di piazza Verdi che gli stranieri definiscono “Bologna” l'usanza di sedersi in terra in luoghi pubblici. La famigerata e dibattuta piazza, dobbiamo ammetterlo, a suo modo ha fatto storia e anche un po' trend. Situata nel cuore di Bologna accoglie e indirizza i poveri e sperduti studenti fuori sede, che grazie a Lei iniziano ad integrarsi scoprendo pian piano la fauna locale.
In tutte le città ciò che normalmente non si vorrebbe mai vedere nel centro storico, si può trovare nel cuore di Bologna: Piazza Verdi ospita insieme ai rumorosi studenti anche alcolizzati o drogati, che non aspetteranno un solo momento per importunarti, strani personaggi mascherati, comunità (chiaramente corredate di cani) che vivono là sotto i portici e anche vari livelli di borgesia locale che partecipa agli spettacoli del teatro comunale, che “disgraziatamente” si trova proprio di fronte al luogo in questione.
Osservando il panorama da un punto qualsiasi della piazza si possono ricostruire mille percorsi che certamente aiutano a capire la vera essenza della città. Gli sperduti turisti con il naso per aria che visitano la città tra le mura, le piazze e le torri quasi inciampano in un tranquillo barbone che si riposa sdraiato in terra con la sua preziosa bottiglia, altri, più preparati, si mettono in un angolo e con una guida turistica in mano cercano di trovare un nesso tra la foto del loro manuale e quello che vedono di fronte ai loro occhi. Gli studenti restano certamente i protagonisti della scena: in piedi, seduti in terra o sugli scalini rigorosamente con una bottiglia in mano, stili e discorsi diversi fanno da background e un po' da colonna sonora della piazza. Il brusio e la confusione che si mescolano alla musica classica, proveniente dal teatro creano un'atmosfera irripetbile in qualsiasi altro contesto. Chi passa e chi si ferma, chi resta qualche minuto, chi resta per intere giornate o settimane. Impossibile immaginarsi la piazza vuota e silenziosa: nemmeno il mattino dato che intersecando direttamente via Zamboni, in cui si trovano le principali università il mattino pullula di studenti e studiosi indaffarati.
Si può quindi definire un vero e proprio nodo della città, che lega vari strati sociali, varie direnzioni e intenzioni. Nonostante i numerosi problemi che porta con sé, a mio parere, è bello vedere come un luogo pubblico possa ancora creare uno spazio di apparente democrazia.
Come volevasi dimostrare: genesi di un esperimento in Piazza Verdi
Qual è la prospettiva più adatta per osservare una piazza? Diciamo subito che, se non si ha la fortuna di potersi sporgere da un balcone, la soluzione migliore resta quella di sedersi al tavolino di un bar. Con una tazzina in mano, o un bicchiere se si preferisce, ci si guarderà intorno alla ricerca di qualcosa. D’accordo, ma cosa? Palazzi, statue e monumenti prima di tutto; e poi le insegne, i lampioni, la pavimentazione... Cos’altro ancora?
Siamo a Bologna: la piazza in questione è Piazza Verdi, zona universitaria per intenderci. Una piccola piazza in realtà, dedicata al celebre compositore dell’Aida, sulla quale non a caso si affaccia il Teatro Comunale con la sua ricca stagione lirica. Di fronte le Ex Scuderie, uno dei locali di servizio annessi al Palazzo dei Bentivoglio, signori della città. Poco più in là un tratto dell’antica cerchia muraria dei Torresotti, la seconda in ordine di tempo delle tre che circondarono Bologna. Queste, a occhio e croce, le coordinate storico-architettoniche: un veloce assaggio che, da solo, non rende giustizia al piccolo grande mondo racchiuso tra questi quattro cantoni. Cosa manca, dunque, alla nostra istantanea di Piazza Verdi? E’ presto detto: la sua gente.
Per forza di cose, trovandoci in piena zona universitaria, il popolo di Piazza Verdi è principalmente studentesco. E va detto che la gran parte della vita universitaria degli studenti che transitano nel capoluogo emiliano si svolge nelle immediate vicinanze del suo perimetro. Una frequentazione che, se alla luce del giorno è - per così dire - accademica, col favore delle tenebre si trasforma in un andirivieni ispirato da stimoli sicuramente meno edificanti, ma che non per questo perde il suo carattere di assiduità. In fondo anche l’autore dei Canti Orfici, il poeta Dino Campana, integrò il suo percorso di studi nella città universitaria dei primi anni del secolo scorso con ampie digressioni in una dissoluta vita notturna, immortalata nella forza dei suoi versi visionari.
E se, per uno scherzo del destino, il nostro esperimento avesse luogo in occasione di una pausa accademica, quando, per spiegarci, nella piazza oggetto della nostra indagine non ci fosse nemmeno l’ombra di uno studente? Come sconfiggere lo spauracchio di un amaro fallimento? Perché, parliamoci chiaro, non c’è prospettiva più desolante di una piazza vuota. Sì, per carità, qualche turista straniero non manca mai, ma non può essere sufficiente a rappresentare lo spirito che anima Piazza Verdi.
Niente paura: ci sono sempre i Punkabbestia. Strana categoria davvero, quella dei Punkabbestia: “brutti, sporchi e cattivi”, per rifarci all’omonima pellicola di Monicelli, ma anche liberi, scanzonati e anticonformisti. Chi più di loro è degno della nostra attenzione? Chi meglio del popolo dei Punkabbestia ha titolo di comparire nelle cronache di una piazza vissuta quotidianamente come soggiorno, camera da letto e, all’occorrenza, anche gabinetto? Bene, ora che abbiamo individuato il soggetto per la nostra ricerca può avere inizio “L’osservazione”... Oppure è il caso aspettare che tornino gli studenti?
Piazza Verdi e gli universi paralleli
Cosa unisce studenti, clochard, impiegati, spacciatori, operatori ecologici, ladri di biciclette, musicisti, tossicodipendenti, artisti di strada, punkabbestia, e forze dell'ordine? La risposta in questo caso può essere una sola, Piazza Verdi. Frammenti di un puzzle che presi singolarmente sembrano avere poco in comune, ma che accostati danno vita a un disegno che nella sua complessità risulta quasi incredibile.
Se tutte le strade portano a Roma, sicuramente prima o poi si incontreranno in piazza Verdi, a Bologna.
Simbolo della bolognesità, emblema di infinite subculture, spaccato di universi paralleli che sottraendosi alle regole della fisica quantistica coesistono in questo angolo della città, annullando i metri di riferimento spaziotemporali, creando un multiverso sotto gli occhi di tutti i passanti, protagonisti inconsapevoli di un qualcosa che sfugge alle tutte le leggi, scritte e non; questo è, piazza Verdi.
Un Punkabbestia succube dei vapori dell'anice stellato è sdraiato a terra nell'angolo nord-ovest della piazza, subito dopo la fine del portico di San Giacomo Maggiore, accanto a lui è seduto un amico, sembra coccolarlo, come una mamma farebbe con il proprio pargolo afflitto da qualche male, tra loro la bottiglia di sambuca sta dritta per terra, e tra i soggetti di questo quadro la più stabile è certamente lei. Cosa è la stabilità d'altronde, e soprattutto cosa è la stabilità in piazza verdi…domande senza risposta, o per cui ogni risposta è buona? Forse la stabilità di questo mondo è il sottilissimo equilibrio che sottende tutti gli esseri che lo popolano, i più diversi in momenti e situazioni diversi tra loro. Mentre tre ragazze straniere, forse studentesse in erasmus passeggiano per la piazza verso il portico dell’ex scuderia bentivoglio, un Monaco Guerriero a piedi scalzi predica ebbro di fervore ed impeto apostolico, inclinandosi sempre di più verso il suo interlocutore che non regge allo sguardo, o all'alito, e tenta di allontanare il suo volto da quello del predicatore, come a voler sfuggire il peso dei propri peccati, forse pensa che la salvezza della sua anima non dipenda dalle parole dell'apostolo…in qualche universo potrebbe avere ragione,in altri certamente no…in piazza Verdi ovviamente entrambe le affermazioni sono vere.
Negli anni la piazza è mutata, col succedersi di giunte comunali che hanno tentato varie strade: dai divieti di bere e vendere bevande oltre un dato orario, allo stanziamento di forze dell'ordine per vigliare, all'ordinanza antibivacco che vietava di sedersi per terra. I residenti sono arrivati a proteste sempre più accese per il crescente degrado che avvolge la zona. Se avessimo una ripresa fatta da una telecamera posta in un angolo, facendola scorrere velocemente potremmo osservare la piazza riempirsi e svuotarsi di persone, come il mare intorno a Mont St Michel, vedendola mutare da una piena di persone nell'ora dell'aperitivo o nelle serate del week-end, al deserto calmo e piatto della domenica mattina, la quiete dopo la tempesta, grazie al passaggio degli operatori ecologici che raccattano i frammenti derivanti dall'esplosione causata dalla collisione di tutti gli elementi che gravitano nell'ordine caotico che vige tra selciato e cubetti di porfido. Il porfido ci riporta al periodo che va dalla fine degli anni '60 a quella degli anni '70, quando anche Bologna è stata palcoscenico della nascita di una nuova identità, e Piazza Verdi è divenuto uno dei luoghi simbolo della “bolognesità” e del rapporto tra città e Università. Da qui si è arrivati però negli anni ad una rappresentazione che vede questa piazza come luogo simbolo del degrado cittadino. Un' ipotesi a riguardo potrebbe essere che sull’impeto dell’onda, di cui ora rimane solo la schiuma, che ha assurto il capoluogo emiliano a paradigma di libertà, novità, sperimentazione ed ha valso a Bologna nell’immaginario collettivo anche il ruolo di “Amsterdam del sud” o di “Bologna la rossa”, si sia creato un flusso di persone in cerca di un'emancipazione, di uno spazio, di un qualcosa che probabilmente è esistito ma solo nella cristallizzazione di pochi attimi, la cresta di un'onda che ha inevitabilmente finito per infrangersi sui sogni di molti; una corsa all'oro quando quando ormai le miniere erano esaurite. Il miraggio di una indipendenza forse fittizia, visto che oggi torva sbocco in quello che a detta di molti si può collocare soltanto sotto la voce degrado, ma è pur vero che la parte più importante di una ricerca è proprio la ricerca stessa piuttosto che l’obbiettivo che ci si prefigge di raggiungere.
Ad ognuno il suo punto di vista, certo è che piazza Verdi ne ha viste e ne vedrà ancora abbastanza per arrivare a comporre l'arcobaleno.
Uno sguardo amarcod
“Non si studia solo sui libri: frequentate i bar, i portici, le piazze e parlate tra voi..”, così esordiva Umberto Eco nelle sue prime lezioni di semiologia all'Università di Bologna difronte a una platea di studenti stupiti. Quello che voleva dire è che "si imparano sicuramente molte cose dai professori e dai libri, ma altrettanto si apprende dai compagni", fra i quali, ricorda il professore, non dirado avvenivano quelle contaminazioni che portavano gli studenti a citarsi l'un l'altro nelle rispettive tesi, magari grazie ai pomeriggi passati nei bar di Piazza Verdi a scambiarsi esperienze. Umberto Eco ne fa una ragione di eccellenza per la città di Bologna il fatto di essere delle dimensioni di un campus, dove finita la lezione gli studenti non si disperdono, ma continuano a incontrarsi sotto i portici, nei bar e perchè no? seduti nelle Piazze.
Ed è così che mi piace ricordare i miei anni di Università, quando il Palazzo Paleotti al 25 di via Zamboni, non era ancora la sede dell'Urp e delle varie aule studio dove puoi accedere soltanto mostrando il tesserino universitario; quando da Largo Trombetti a Piazza Verdi Scuderie comprese, era interamente occupato dagli studenti e al piano superiore c'era il bar dello studente dalle cui finestre potevi godere di tutto il panorama di Piazza Verdi costantemente in festa. Per noi quel Palazzo era semplicemente il "25" dove ogni giorno ci davamo appuntamento. I famosi panca-bestie allora erano una realtà meno invadente di oggi e occupavano il portico del Teatro Comunale e via del Guasto. Da allora molte cose sono cambiare e gli spazi liberi sono scomparsi, compreso il caratteristico giardino del Guasto, oggi chiuso forse perchè una roccaforte difficile da controllare. Diverse amministrazioni comunali si sono succedute e si sono poste il problema di sanare quella che ai loro occhi era una situazione di degrado. Piazza Verdi è stata presidiata da un sempre più invadente Posto di Polizia con spesso macchine e cammionette parcheggiate difronte, sono stati introdotti limiti di orario per la somministrazione di alcolici e l'assurdo divieto di bivacco per impedire alla gente di sedersi a terra, che ha scatenato numerose risse fra studenti e anarchici da una parte e celerini dall'altra. La situazione ora non mi sembra migliorata visto che i panca-bestia hanno invaso la Piazza e tutta via Petroni rendendola impraticabile e piena di sporcizia. L'unica nota positiva è stata l'iniziativa del Comune di assumere tra i "frick" degli addetti alle pulizie, che si aggiravano con le loro casacche di ordinanza dando a tutti un filo di speranza e fiducia nell'integrazione. Peccato che purtroppo non ha avuto un seguito.